martedì 26 settembre 2017

Aggressione islamica all'Esquilino: l'ennesimo caso di tragedia sfiorata e di ipocrisia massmediatica



Sono stati aggrediti con calci e pugni nel quartiere romano dell’Esquilino, mentre passeggiavano mano nella mano. La loro colpa? Essersi scambiati delle effusioni davanti ad una moschea, tra l’altro abusiva, in quanto era stata chiusa diversi mesi prima. 

È successo qualche giorno fa, precisamente nella notte tra domenica e lunedì, ad una coppia di cittadini romani, che in seguito all’incontro ravvicinato con un immigrato malese, frequentatore della moschea, sono stati costretti a ricorrere alle cure del Pronto Soccorso. L’episodio sarebbe potuto finire ben più tragicamente se non fosse intervenuta una pattuglia delle forze dell’ordine, che transitava da quelle parti per un normale controllo.

In questo episodio di cronaca c’è tutto il fallimento dell’immigrazione selvaggia che in questo Paese è stata non solo permessa, ma addirittura incoraggiata e fomentata, per anni e anni: una moschea abusiva che non sarebbe dovuta essere aperta e che invece svolgeva normalmente la sua attività, sotto gli occhi di tutti; un cittadino straniero che non riconosce alcuna legge e alcuna tradizione della Nazione che lo ospita (in Italia, fortunatamente, non siamo a Ryiad, e baciarsi per strada è permesso) ma, viceversa, pretende di imporre la propria; la mancata copertura mediatica della notizia, che sarebbe stata di ben diverso tenore se, ipotizziamo, si fosse trattato di un immigrato aggredito da un italiano (abbiamo visto come nel caso di Fermo, giusto per fare un esempio, un mafioso nigeriano che voleva massacrare un nostro connazionale sia diventato una vittima, e la vera vittima, Amedeo Mancini, sia stato criminalizzato per mesi su tutti i mass media, con tanto di Boldrini che piagnucolava in TV contro il ritorno del pericoloso razzismo).

L’ennesimo esempio di tragedia sfiorata e di doppiopesismo mediatico, che fa si che quando una notizia permette di propagandare l’immagine del “povero immigrato” viene riproposta incessantemente e in tutte le salse, e quando invece riguarda le prepotenze dei fancazzisti invasori viene coperta.

lunedì 25 settembre 2017

"Alleance for Deutschland" al 14% in Germania: cosa avete da festeggiare?



“Alleance fur Deutschland”, il partito che in Germania ha preso il 13,7% e che sta facendo venire il mal di testa a comunisti, cessi sociali, giornalisti salottieri e anche ad Angela Merkel, è veramente un partito fascista e nazista? I fascisti all’amatriciana di casa nostra, che sprizzano gioia da tutti i pori ed esultano felicissimi, hanno davvero ragione di festeggiare? E i cretini di sinistra che in questo momento vorrebbero mettere a ferro e fuoco la sede del partito a Berlino, con tanto di forze dell’ordine in assetto antisommossa, hanno davvero ragione per esternare ancora una volta quanto siano cretini?

Rispondere è abbastanza semplice: no.

Anche capire se un movimento si richiama al Fascismo dovrebbe essere abbastanza semplice: se riprende le istanze del Fascismo – in politica interna, esterna, in materia economica e sociale – allora si, se si allontana nettamente da quelle istanze, allora no. Semplicissimo, pure questo.

AFD è un partito liberale in materia di politica economica, anti-musulmano e fortemente ancorato alle mitiche radici giudaico-cristiane dell’Europa (qualunque cosa significhi, nel bene e nel male), filosionista (con tanto di militanti che si fanno fotografare gaudenti con la bandiera israeliana), e il suo dirigente nazionale, una donna, è una lesbica che convive con una cingalese. Insomma: tutto fuorché Fascismo o Nazionalsocialismo. L’unica cosa che potrebbe avvicinarlo ai movimenti patriottici europei è la sua contrarietà all’immigrazione clandestina. Ma per essere contrari a quest’ultima non bisogna essere di destra, di estrema destra o fascisti: è sufficiente essere sani di mente. Oppure leggersi i programmi elettorali.

giovedì 21 settembre 2017

Il Fascismo esiste e resiste. Alla faccia di Fiano



Entro qualche settimana arriverà in Senato – dopo essere passato alla Camera dei Deputati – il disegno di legge Fiano, che dovrebbe vietare la propaganda fascista su tutto il territorio nazionale. Includendo, nella definizione di “propaganda fascista”, anche la vendita dei soliti gadget (bandiere, vini, busti con la figura di Mussolini) su cui una intera cittadina, Predappio, ha fondato la sua stessa esistenza. Non solo: la legge vieterebbe perfino la cosiddetta gestualità fascista. Oltre all’abusato saluto romano, insomma, state attenti a parlare con le mani sui fianchi e i piedi uniti, oppure a serrare troppo la mascella e ad alzare troppo il labbro inferiore: qualcuno potrebbe scambiare la vostra espressione per la famosa mascella volitiva di Mussolini, e decidere di denunciarvi per apologia di Fascismo.

La demenza di questa legge dimostra, al di là di ogni ragionevole dubbio, anzitutto una cosa: che lor “signori” sentono il fiato sul collo di un vento che non tira più nella loro direzione. E reagiscono con l’unica cosa che conoscono meglio: la repressione di regime.

Il gigantesco muro di balle su cui hanno preteso di erigere questa repubblica di massoni, mafiosi e mignotte comincia a mostrare troppe crepe: la propaganda di regime non fa più il suo dovere: troppi, in questo Paese, cominciano a pensare che, riguardo alle vicende che hanno interessato il Nostro paese nella prima metà del Novecento e nel secondo conflitto mondiale, i buoni e i cattivi non stiano solo dall’una o dall’altra parte. L’ultimo blitz con cui dare il colpo definitivo all’identità degli italiani al fine di renderli un mucchio miserabile di bastardi e di rincoglioniti facilmente governabile e manovrabile, non è riuscito: il Ministero dell’Interno, Marco Minniti, ha detto chiaramente che l’introduzione dello ius soli “avrebbe messo in pericolo la tenuta democratica del Paese”. Tradotto significa: se legalizziamo l’invasione di parassiti e di fancazzisti africani che gli italiani sono costretti a subire passivamente sulla propria pelle, questi vengono a sbucciarci come una banana.

L’antifascismo istituzionale non tiene più botta: basta entrare su una qualsiasi pagina Facebook dell’ANPI per vedere, tra i commenti, persone che pubblicano autorevoli inchieste giornalistiche su questi criminali di guerra venduti allo straniero e che hanno favorito l’invasione della Nazione da parte degli angloamericani. Sempre più questi personaggi, che a distanza di ottanta anni mostrano tutta la loro caratura morale perfino difendendo lo stupro e la tortura di Giuseppina Ghersi perché ritenuta una fascista (una ragazzina di tredici anni, è bene ricordarlo) trovano quello che meritano: insulti e pernacchie.

Davanti al ritorno di una ideologia che nonostante tutto non si è riusciti a fermare con disposizioni transitorie e leggi anti-apologia, questa gente ha dovuto prendere atto che sempre più persone, specialmente giovani, sono disposte, nel bene o nel male, a difendere il Fascismo o ciò che il Fascismo rappresentò.

Alle loro democratiche autostrade che crollano giù dopo qualche anno, alle loro volgari palazzine grigie e tristi da parco buoi, il Fascismo oppone i suoi monumenti e le sue opere: l’EUR, la stazione di Milano, la bonifica delle paludi pontine, l’Università di Roma, Cinecittà, Littoria, Pomezia, Sabaudia, Aprilia, Carbonia, Arborea, la sede centrale delle Poste Italiane a Roma, la sede INPS, il Foro Mussolini (ora Foto Italico), i Fori Imperiali, La Sapienza, l’Idroscalo Milanese, il Palazzo di Giustizia di Milano, la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, la Stazione Ferroviaria di Santa Maria Novella, la Milano-Bergamo, la Milano-Torino, il Ponte del Littorio (oggi Ponte della Libertà) di Venezia, la costruzione di decine e decine di città, la sottrazione all’incuria di centinaia e centinaia di chilometri quadrati di territorio, le strade, le scuole, le università. 

Ai democratici e progressisti Beppe Severgnini e Roberto Saviano il Fascismo oppone Guglielmo Marconi, Filippo Tommaso Marinetti, Giuseppe Ungaretti, Italo Calvino, Gabriele D’Annunzio, Ardengo Soffici, Curzio Malaparte, Filippo Corridoni, Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale, Massimo Bontempelli, Giovanni Gentile, Giovanni Papini, Mino Maccari, Leo Longanesi, Berto Ricci, Alberto Carocci, Ugo Ojetti, Telesio Interlandi, Ennio Flaiano, Alberto Moravia, Mario Praz.

Al “jobs act” il Fascismo oppone la Carta del Lavoro.

Ad Equitalia il Fascismo oppone l’INFPS.

Ad una Valeria Fedeli che siede sulla poltrona di Ministero dell’Istruzione senza avere nemmeno uno straccio di laurea il Fascismo oppone l’Enciclopedia Treccani, monumentale creazione ad opera di Giovanni Gentile valida ed attuale ancora oggi.

Il Fascismo esiste e resiste. Tra venti anni di Fascismo e ottanta di democrazia il confronto è impietoso. È attraverso il Fascismo che questa classe dirigente fatta di mediocri, di cui Fiano è il più autorevole esponente, vede il riflesso della propria nullità politica, umana, morale, fatta solo di odio, di rancore e di nulla. Perché di Mussolini si continuerà a parlare anche fra cento anni. Di Fiano, una volta archiviata la sua ridicola legge (così ci auguriamo, quantomeno per goderci un delizioso prosecco davanti alla sua faccina piagnucolosa in TV) non si ricorderà nessuno.

venerdì 8 settembre 2017

Se per gli antifascisti la legge non vale



“Uccidi l’antirazzista che è in te! Fuoco a tutte le sedi della sinistra! Riconosci il vero nemico! Partito Democratico, Sinistra Ecologia e Libertà, Sinistra Italiana! Tutte facce della stessa medaglia! Quella antirazzista! E’ ora di chiudere le sedi di sinistra, e se non con le buone allora con il fuoco! La Nostra Patria è solo l’Italia! Fuoco a tutte le sedi della sinistra!” Firmato: razzisti/e, Fascisti/e e Nazionalsocialisti/e.

Immaginatevi un volantino così, esattamente di questo tenore, affisso in varie città d’Italia. Chiudete gli occhi e immaginate: cosa accadrebbe? È una previsione facile: cortei di no global metterebbero a ferro e fuoco intere città, la Presidenta Madonna Boldrini si strapperebbe i capelli in diretta nazionale, l’omino bianco con la papalina che ci dice che se non accogliamo gli immigrati siamo brutti e cattivi terrebbe dieci Angelus al giorno, Fiano piagnucolerebbe per nuove leggi ancora più repressive contro i Fascisti, perché quelle attuali non bastano più, i Tribunali e le questure mobiliterebbero perfino i militari in pensione pur di trovare i pericolosi fascisti che attentano alla democrazia e alla Costituzione Italiana.

Sapete una cosa? Probabilmente saremmo d’accordo. Per diversi motivi. Il primo, il più pragmatico, perché a Noi non porterebbe alcunché di buono: storicamente non siamo proprio nella posizione migliore per andare a dire che le sedi dei nemici politici andrebbero chiuse col fuoco (viviamo in tempi in cui basta alzare un po’ troppo il braccio destro per essere denunciati per apologia di Fascismo); il secondo è quello che abbiamo già esposto nell’articolo “Offese e minacce su Facebook: la Boldrini ha ragione. Proprio perché non siamo come lei” (http://chessaandrea.blogspot.it/2017/08/offese-e-minacce-su-facebook-la.html): rivendichiamo, contrariamente a quello che spesso i nemici viene fatto nei nostri confronti, la facoltà di mettere a tacere gli avversari politici con la sola ed unica forza delle nostre idee senza aver bisogno di manette, nuove leggi repressive, bavagli alle reti sociali, o, peggio ancora, utilizzando la violenza.

Eppure, in questi giorni, volantini del genere stanno circolando tranquillamente in tutta Italia, vengono pubblicati su Facebook come propaganda politica, e nessuno ci trova alcunché da ridire. Basta sostituire “antirazzista” con “razzista”, il Partito Democratico con Casapound e Forza Nuova, i Fascisti e i Nazionalsocialisti con gli antifascisti e gli antirazzisti.

Nessuno trova alcunché da ridire sul fatto che i collettivi della sinistra estrema affiggano questo volantino e lo distribuiscano tranquillamente, senza che La Repubblica ci trovi il minimo spunto per piazzare un bell’articolone in prima pagina sul terrorismo di sinistra che ritorna prepotentemente; nessuno si indigna se una parte politica ben precisa incita a gran voce che si dia fuoco alle sedi degli avversari politici. 

Per gli antifascisti la legge non vale, e l’indignazione dei Saviano, dei Lerner e delle Boldrini è solo ed unicamente per ciò che – vero o presunto – viene commesso dalla controparte. Quando ad invocare la violenza ed il fuoco per gli avversari politici sono i teppisti di sinistra, invece, nessun magistrato si sente in dovere di aprire un’indagine per “istigazione alla violenza”. Ah, già: sono troppo impegnati ad indagare quelli che fanno il saluto romano nei cimiteri.

mercoledì 6 settembre 2017

Gino Strada ci fa la morale sui migranti? Taci, Katanga, ché è meglio



Dalla prima pagina di Tiscali.it dobbiamo sorbirci Gino Strada che, puntandoci addosso il suo ditino saccente, ci dà lezioni sugli immigrati: ci dice che imporre delle regole per l’ingresso degli stranieri in Italia significa, né più né meno, “fare la guerra ai migranti” (si, è esattamente questo che si deve fare, infatti!) e che ciò è ancora più vergognoso perché “già oggi siamo responsabili di diversi morti, diverse persone torturate, centinaia o migliaia di casi di violazione dei diritti umani, e per soddisfare il nostro egoismo e la necessità di una politica di livello infimo, non esitiamo a ributtare questa gente in quell'inferno, nelle mani di torturatori assassini”


Qualcuno dica a Gino Strada che da parte nostra non vi è alcun obbligo, né economico né tantomeno morale, ad aiutare popolazioni che sono state riempite di miliardi di dollari in decenni, che hanno visto i loro debiti con l’estero condonati, che hanno scelto la strada dell’indipendenza e nonostante questo sono palesemente incapaci di governarsi da se. Se Gino Strada vuole aiutare questa gente lo faccia coi suoi soldi (o di quegli imbecilli che lo finanziano) senza pretendere alcunché da parte di chi non abbocca alle menate del politicamente corretto che cerca di imporre, nei confronti degli europei, questo senso di colpa perenne per ciò che è stata la colonizzazione degli Stati occidentali in Africa (la quale, beninteso, è stata anche e soprattutto civilizzazione). 

Il lessico utilizzato da Strada è abbastanza chiarificatore del modo di pensare di questo personaggio. Il quale, infatti, quando si riferisce a Minniti, il Ministro dell’Interno Italiano, gli dà dello “sbirro”. Insomma, pare che il mitico Gino Strada non vada molto d’accordo con le forze dell’ordine. Non che servisse questa sua dichiarazione, d’altro canto: ce ne accorgemmo quando Emergency si rifiutò di firmare gli accordi tra Governo italiano e ONG con il quale il Viminale cercava di bloccare, almeno in minima parte, l’invasione del suolo nazionale: Emergency non volle militari o forze dell’ordine di alcun tipo sulle sue navi. Quando si è trattato di dimostrare la loro buonafede e la correttezza del loro operato, la loro assoluta estraneità alle accuse di collusione con gli scafisti e di violazione costante e sistematica delle leggi italiane, le ONG si sono sciolte come neve al sole, abbandonando la loro attività di scafismo e di trasporto di nuovi schiavi travestita da attività umanitaria e quasi azzerando - pur involontariamente - gli sbarchi di stranieri sulle nostre coste.

Se volessimo, però, potremmo andare ancora più indietro nella vita di Gino Strada e scoprire che il personaggio, anche se apparentemente pacifista e contro le guerre, di pacifico aveva ben poco. Studente della Facoltà di Medicina di Milano, fu attratto fin da subito dall’ala più estrema e più violenta della sinistra universitaria, vale a dire quella dei “katanghesi”. Strada era soprannominato “Katanga” per il suo attaccamento alla causa, ed era il capo del Gruppo Lenin (un nome, un programma!) che si distingueva anche rispetto alle altre formazioni teppiste e terroriste di sinistra per il rigido inquadramento ideologico e la lotta senza quartiere contro i fascisti, veri o presunti che fossero. 

Per condurre questa lotta giravano sempre armati di “caramelle”, vale a dire sassi e sanpietrini da utilizzare alla bisogna (“sbirri”, come li chiama ancora lui, o fascisti non faceva alcuna differenza: l’importante era abbattere il nemico), e di “penna”, la tristemente rinomata Hazet 36: una enorme chiave inglese utile, eventualmente, per essere data sulla testa dei nemici politici; se qualche “sbirro”, come li chiama ancora il fondatore di Emergency, fermava i criminali di sinistra e saltava fuori la chiave inglese, bastava dire che si era idraulici e che si stava andando a riparare un tubo in una casa: con i giudici comunisti e compiacenti con i criminali rossi, spesso questa scusa bastava e avanzava. È con colpi di Hazet 36 che morì Sergio Ramelli, vittima di un agguato degli amici di Gino Strada e lasciato sul bordo della strada con la materia cerebrale che colava sull’asfalto. Quei tempi e quella sinistra erano talmente brutti (forse anche più di adesso, se possibile, in quanto uccidevano con arroganza e impunità) che, quando durante una seduta consiliare del Comune di Milano si sparse la notizia che Sergio Ramelli era morto dopo diversi giorni di agonia, dai banchi della sinistra si levò un fragoroso applauso. Questo basta a comprendere la caratura morale, prima ancora che politica, di quel tipo di gente. Questa è la scuola politica di Gino Strada, che ora ha pure la faccia di venire a farci la morale.


Taci, Katanga. È molto meglio per te.