“L’Italia si mobilita per Gabriele Del Grande”, “Facciamo
un appello per la sua liberazione”, “Gabriele Del Grande e la libertà di tutti”,
etc. In queste ore la cronaca, e il dibattito politico, sono tutti imperniati
non sulla crisi economica, non sul problema immigratorio che si configura
sempre più come una vera e propria invasione di massa, non sulle difficoltà di
famiglie e imprese, non sul problema occupazionale. No. Tutti parlano di Gabriele
Del Grande. E chi sarebbe, questo simpatico ragazzo per il quale Boldrini, Mattarella,
Saviano e Vespa cercano di mobilitare le folle?
Basta andare sul suo blog, Fortress Europe, e spulciare
qualche minuto internet, per rendersene prontamente conto: ragazzotto di
sinistra, fiero sostenitore dell’invasione africana che sta subendo l’Europa, Gabriele
Del Grande è il modello perfetto dello studente Erasmus che oscilla tra l’Italia,
la Grecia, la Gran Bretagna e il Medio Oriente, giocando a fare il giornalista
d’assalto, l’indipendente, lo schierato anticonformista. A sinistra,
ovviamente, ché a fare gli anticonformisti dall’altra parte non conviene
minimamente, e se finisci nei guai in qualche gattabuia straniera col cavolo
che Saviano e Mattarella e la Boldrini si mobilitano per te.
Uno sguardo al suo blog lascia quantomeno interdetti. Ecco
cosa scrive dei terroristi che combatte contro Assad, paragonati a moderni
partigiani (e da questo punto di vista potrebbe pure avere ragione: terroristi
gli uni, terroristi gli altri): “Gli uomini di religione [la] chiamano jihad. Ed è quello che sta
spingendo centinaia di giovani da tutto il mondo a unirsi alla rivoluzione
siriana. Ragazzi come Abu Zeid e Abu Moaz, che in Siria sono arrivati da molto
lontano. Non tutti hanno una formazione islamista radicale. Tanti sono venuti
semplicemente per seguire un grande ideale di solidarietà con la comunità
musulmana sunnita siriana, a cui sentono di appartenere al di là delle
frontiere. Né più né meno come i comunisti italiani che nel 1936 andarono in
Spagna a combattere contro il fascismo”. Bravi ragazzi, sognatori e
disinteressati, questi moderni “no pasaran” che combattono il crudele
dittatore.
Più avanti si legge: “Gronda sangue il sacco sulle spalle del
vecchio appena uscito dalla sede della brigata islamista. Dentro ci sono i
vestiti degli shabbiha catturati
nei giorni scorsi. Si tratta dei criminali assoldati dal regime per
perseguitare gli oppositori. A
tagliare loro la gola è stato l’afgano, con una specie di spada.
I corpi li hanno sepolti nella piazzola sotto il cavalcavia, dove hanno già
sotterrato un’altra ventina di sgherri del regime giustiziati alla stessa
maniera”. Che bravi ragazzi, questi partigiani siriani: tagliano le gole degli
shabiha (i volontari di Assad, in Siria, vengono appellati così in senso
dispregiativo), gli sgherri del regime, ma signora!, vedesse quanto sono belli
e bravi, che visi paciocconi che hanno questi birbanti!
Nell’articolo “Siria: i primi villaggi cristiani nelle
mani degli insorti” Del Grande ci comunica che per gli shabiha catturati, i
lealisti di Bashar Al Assad, “di solito è prevista la condanna a morte. Previa indagine
del tribunale islamico da poco istituito nella vicina Darkush”. Sono moderni e
civili, questi partigiani siriani: mica sgozzano il nemico così, alla membro di segugio, no!,
hanno pure il Tribunale!, sono civilissimi.
I terroristi siriani, che armati dall’Occidente
corrotto e abbruttito cercano di rovesciare il governo di quello che è, a tutti
gli effetti, un Presidente democraticamente eletto, sono descritti con toni
romantici, cavallereschi. Nell’articolo “Speciale Siria. Internazionalisti o
terroristi?” leggiamo: “Lasciati i fucili all'ingresso della clinica e
trascinati dalla voce di petto di Abu Zeid, avevano intrattenuto medici e
infermieri per una buona mezz'ora con tutto un repertorio di canzoni di guerra.
Canzoni che incoraggiano i ragazzi a impugnare le armi, a dire addio ai propri
familiari e a partire per la guerra. Una guerra combattuta nel nome di dio per
porre fine all'ingiustizia e all'oppressione e per diffondere l'islam. Senza
temere mai di morire. Perché chi muore da martire nella via del signore, vivrà
in paradiso in eterno. È quello che gli uomini di religione chiamano jihad.
Ed è quello che sta spingendo centinaia di giovani da tutto il mondo a unirsi
alla rivoluzione siriana. Ragazzi come Abu Zeid e Abu Moaz, che in Siria sono
arrivati da molto lontano.” No comment.
Sulla triste bandiera nera, simbolo dei terroristi
anti-Assad e che abbiamo visto anche mostrate in alcune manifestazione svoltesi
in Italia: “Per anni quella bandiera nera è stata usata da una miriade di sigle
del terrorismo islamico. Nella Siria di oggi però è diventata il simbolo
dell'internazionalismo islamista.” Non certamente del terrorismo islamico, ci
mancherebbe altro!
Insomma: pieno sostegno, celato solo apparentemente da
una sorta di neutralità mista a benevolenza,
ai terroristi.
Sul fronte immigrazione, altro grande cavallo di
battaglia del blog di Del Grande, anche qui non ci discostiamo dalla solita
cantilena immigrazionista e terzomondista che i media battono con la grancassa.
Già la prima pagina del blog, non appena vi si accede, mostra una cronologia,
dal 1988 ad oggi, dei clandestini morti in mare cercando di raggiungere le
coste italiane: un grande randello morale mediante il quale il lettore dovrebbe
cominciare, fin da subito, a sentirsi in colpa. Infatti gli immigrati che in
massa invadono le coste italiane non sono quello che sono, cioè cittadini di
nazioni sovrane straniere che cercano illegalmente di entrare in territorio
altrui senza averne il permesso, bensì le “vittime di questi anni di
repressione della libertà di movimento”. Le frontiere non esistono. I sacri
diritti di una nazione di decidere chi accogliere e chi no all’interno del
proprio territorio sono solo ostacoli burocratici all’invasione, pomposamente
definita “accoglienza”.
Dulcis in fundo: sapete da chi è stato finanziato il
blog di questo freelancer anticonformista? Dalla Open Society Institute, già
dal nome testa di ariete del meticciato globale e del multi razzismo d’accatto.
E sapete di chi è la Open Society Institute? Di George Soros. Esatto, proprio
lui. Il criminale di guerra responsabile della svalutazione della lira italiana
(e della crisi economica che ne seguì), dei colpi di Stato in diversi paesi, e
di altre simpatiche cosette che in nazioni ancora civili gli varrebbero l’arresto,
se solo osasse metterci piede (come l’Ungheria di Orban).
Ecco per chi Boldrini, Saviano, Mattarella e tutta l’intellighenzia
di sinistra, che continua a monopolizzare gran parte dell’informazione di
questo Paese, fa il tifo. Non per noi comuni mortali, vessati dalle tasse e da
un fisico esoso e rapace, dal senso di insicurezza e di malessere creata da una
immigrazione incontrollata che ingrassa solo ong e cooperative rosse, dalla
insicurezza lavorativa ed economica di uno Stato che per i terremotati italiani
spende un euro e mezzo ma che per gli invasori africani ne stanzia tre in più. No,
noi comuni mortali, che abbiamo la colpa gravissima di essere italiani e
bianchi, possiamo pure schiattare. Tutta l’attenzione deve essere sugli
universitari che fanno le spie o al massimo sui giornalisti che giocano a fare
gli alternativi di sinistra, difendendo clandestini e terroristi musulmani con
i soldini di George Soros e che, a volte, finiscono dove non dovrebbero essere.
Ognuno è libero di andare in giro a fare il paladino
dei terroristi e a difendere l’immigrazione incontrollata che sta contribuendo
a disintegrare la sua stessa Nazione. Non ci uniremo, però, al piagnisteo
dominante e alle prese di posizione democratiche.
La Turchia non è l’Italia, dove al massimo ti danno un
buffetto sulla guancia e la si finisce a tarallucci e vino. Lì, almeno, sanno che cosa significhi
violare confini che si ritengono sacri ed inviolabili. Ed Erdogan non è Gentiloni.
Tanti auguri.