venerdì 6 gennaio 2017

Rivolta dei profughi di Cona: no, non mi commuovo



Scusatemi, ma dovrei davvero indignarmi per il sequestro che un gruppo di africani ha operato a Cona (vicino Venezia) ai danni di 25 operatori della struttura per avere cibo migliore e vestiti migliori? Perché se è così, scusatemi ma non ci riesco.

Di più: non voglio. Non ne ho la minima intenzione. Perché so che quei 25 operatori che sono stati picchiati, minacciati e sequestrati dagli invasori africani appartengono con tutta probabilità a quella galassia marcia – anzi marcissima – che con l’invasione africana ci guadagna a mani basse: coop rosse, caritas varie ed eventuali, onlus antirazziste, e via dicendo. Con molta probabilità sono gli stessi che ci denunciano e ci riempiono di insulti ogni volta che osiamo mandar fuori qualche volantino o aprir bocca; sono gli stessi che ci vogliono mettere a tacere sventolandoci sotto il naso quell’unico articolo della Costituzione che conoscono, quella XII Disposizione Transitoria che a Fascismo e Libertà nemmeno si applica; sono gli stessi che quando uno di noi viene riempito di legnate o qualcuno dei subumani rossi mette una bomba in qualche libreria considerata di destra (come quella de Il Bargello di Firenze, in cui, qualche giorno fa, un artificiere ha perso una mano e un occhio) si, si arrabbiano per i danni collaterali che ne potrebbero derivare, però, suvvia!, l’hanno messa ai fascisti la bomba, mica a persone normali!

Davanti a questa gente, che in una Nazione civile avrebbe meritato il plotone d’esecuzione per alto tradimento e complicità con l’invasione, io rivendico il sacrosanto diritto di non commuovermi e di non provare alcuna pena. 

Per una volta, anziché agitarci sotto il naso, a noi brutti, crudeli, cattivi, e violenti nazifascisti, le mille meraviglie dell’immigrazione selvaggia, le hanno sperimentate loro, le vere conseguenze, sulla loro pelle. 

Benvenuti alla realtà.

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