lunedì 8 ottobre 2012

Discorso dell'Ambasciatore iraniano

Pubblichiamo qui di seguito il discorso che l'Ambasciatore iraniano ha tenuto il 29 Settembre a Cagliari, nel corso del Convegno tenutosi a Cagliari, dal titolo "Al-Qadyia". Buona lettura.

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Nel nome di Dio

Gentili Signore e Signori,
Innanzitutto desidero ringraziare gli organizzatori di questo Convegno e indirizzare il mio caloroso saluto a tutti Voi presenti; un’analisi approfondita delle recenti evoluzioni regionali e internazionali e la loro esatta comprensione costituisce l’unico modo corretto per capire un mondo che negli ultimi due anni ha subito profondi cambiamenti geopolitici e geostrategici, che determinano nuovi equilibri politici internazionali, molti dei quali ancora in corso.

George Bush Sr. dopo il crollo dell’Unione Sovietica e alla vigilia della prima Guerra del Golfo Persico propose la cosiddetta teoria del “ nuovo ordine mondiale” quale strategia nazionale americana nell’era post guerra fredda. Il punto focale del discorso tenuto l’11 settembre 1990 dinnanzi al Congresso americano fu forse che “ il mondo è arrivato alla conclusione che soltanto un ordine unipolare può garantire la pace e la sicurezza globali”.

Dobbiamo sapere che la teoria del “ nuovo ordine mondiale” è stata ideata dai politici per esprimere la necessità di un sistema fondato su ideali politici e sociali dell’occidente. Per questo motivo la questione merita un’attenzione particolare. L’ideologia del nuovo ordine mondiale è nata prima della teoria del complotto e queste teorie si sono sviluppate a causa della mancanza di trasparenza all’interno dei governi e delle azioni ambigue dei potenti che le hanno strumentalizzate. In realtà la teoria del “Nuovo Ordine” e dottrine simili come quelle che fanno riferimento ad un “Ordine Internazionale” o un “Governo mondiale” non sono complicate e non nascondono oscure trame complottistiche. Il nuovo Ordine mondiale americano significa semplicemente formare un ordine nuovo in tutto il mondo ispirato alle nuove strutture politiche e finanziarie, un nuovo metodo per la gestione e il controllo su scala globale.

Wudrow Willson il 28 esimo presidente americano, Henry Kissinger, David Rockeffeler, Wiston Churcill, George Soros, Michael Gorbaciov sono alcune delle personalità che nella storia hanno affrontato a livello teorica la dottrina del “ nuovo ordine mondiale”, mentre il citato George Bush Sr. ha segnato l’inizio della fase della realizzazione pratica di questo concetto. Se è vero quindi che l’idea ha ormai quasi un secolo di vita, è stata la Guerra del Golfo Persico a fornire l’occasione storica per dare forma concreta al concetto. Questa teoria rispondeva agli interessi americani e si poneva in contrasto con quelli di molti paesi del mondo, tra cui anche alcuni paesi alleati di Washington.

Prima del 2011 il mega sistema mondiale si reggeva su quattro pilastri: economico, sociale, tecnologico e politico. Ognuno di essi era contraddistinto da un insieme di valori e significati portanti che ne costituivano l’intrinseca forza vitale. Ad esempio, il sistema politico reggeva sul concetto della Democrazia, quello sociale su concetti come I Diritti Umani e la libertà di espressione, l’economico su l’economia di mercato e il tecnologico sull’interconnessione delle reti di comunicazione globale. Attraverso queste dinamiche che hanno retto il mondo fino all’11 settembre del 2001, le grandi potenze hanno esteso la loro influenza sugli altri paesi.

L’11 settembre 2001 fu il momento in cui si è aggiunto un nuovo pilastro ai quattro già esistenti: la Sicurezza. Se prima dell’11 settembre esisteva la convinzione che il processo di globalizzazione fosse un processo a senso unico dal mondo sviluppato verso la parte del mondo in via di sviluppo, dopo quell’evento, si è realizzato che la globalizzazione a senso unico potrebbe avere effetti indesiderati. Per evitare rotture nel processo di globalizzazione si è sentita la necessità chiara di pervenire a una più razionale governance del sistema globale. La realtà ha evidenziato però che nessuno dei protagonisti della scena internazionale era in grado di assumersi questo ruolo. Gli Stati Uniti d’America durante la presidenza di Bush jr. hanno cercato di mantenere la leadership americana nel mondo attraverso il potere militare specialmente in Medio Oriente e attraverso progetti quali “ il Nuovo Medio Oriente”, “ Il Grande Medio Oriente” e “ la Guerra dei Trentatre giorni in Libano”. Alla fine però gli Stati Uniti non sono riusciti a imporre il loro ordine e le loro politiche unilaterali, mentre d’altro canto si è assistito al trionfo di un altro modello legato ad un Ordine Multilaterale, composto da un insieme di Paesi, Culture e Tradizioni.

Gli eventi e le evoluzioni regionali e internazionali degli ultimi due decenni, mostrano chiaramente che l’obiettivo finale di questi progetti irrazionali, disumani e iniqui sono il Medio Oriente e la Palestina.

La Palestina è una questione inerente la regione medio orientale, ma le sue dimensioni e conseguenze hanno dimensioni mondiali e le politiche di occupazione e usurpazione del regime sionista in questa terra negli ultimi decenni ha portato ad una perenne instabilità e insicurezza.

I progetti di nuovo ordine mondiale, nuovo Medio Oriente o Grande Medio Oriente invece di comprendere la radice del problema e trovare una soluzione equa e radicale per questa crisi, hanno cercato in ogni modo di appoggiare l’occupazione e legittimare il regime sionista nella regione.

Le ripetute sconfitte dei progetti proposti negli ultimi 60 anni e il fallimento degli sforzi impiegati per uscire da questa crisi, ha provato la correttezza della posizione della Repubblica Islamica dell’Iran, che da sempre ritiene che finché la comunità internazionale non pone al centro dell’attenzione mondiale la necessità di garantire i diritti fondamentali e primari di tutti i popoli oppressi e repressi tra cui il popolo palestinese, non vi sarà nessuna reale prospettiva di cambiare in modo risolutivo l’attuale situazione. A questo proposito la R. I. dell’Iran ha proposto da tempo la soluzione più democratica, garante di una pace durevole nella regione, ovvero la partecipazione di tutti i Palestinesi, sia gli attuali abitanti della terra di palestina, che coloro che furono allontanati verso altre regioni, indipendentemente dall’appartenenza religiosa, ad un Referendum plebiscitario, che possa godere nei suoi meccanismi anche concreti di un garante della sicurezza, affinché si possa così addivenire ad una decisione condivisa riguardo al futuro politico di questo Paese e della sua futura forma di governo.

Senza dubbio le grandi vittorie della Resistenza islamica nel Sud del Libano da una parte e il fallimento dall’altra dei progetti dalle finalità ambigue ci regalano una lezione illuminante da tramandare ai posteri. Il popolo palestinese ha due modelli tra cui scegliere: da una parte i cosiddetti progetti di Pace ripetutamente proposti negli ultimi decenni, il cui unico risultato è stato deludere le legittime aspirazioni palestinesi e un inutile prolungamento dello stato di crisi; dall’altra la Resistenza esemplare del Sud del Libano con le vittorie conquistate. Ora l’oppresso popolo palestinese potrebbe intraprendere la strada di questo secondo esempio, consapevole che la Resistenza ha il suo prezzo, ma che conduce più facilmente ad un risultato di sicuro successo. Oggi ci troviamo nel punto in cui tutte le ipotesi proposte sono fallite e la Resistenza in Libano, nonchè quella del Popolo palestinese sta sfidando le tesi di alcuni paesi colonialisti su democrazia, Libertà, Pace, Diritti umani e Giustizia. Oggi la Resistenza libanese e nella Striscia di Gaza sono il palcoscenico dove si rivela troppo spesso l’ipocrisia e la politica dei due pesi e due misure di certe potenze occidentali.

Gentili presenti,
la vera comprensione delle radici della Resistenza potrebbe metterci a disposizone una serie di opzioni realistiche e nuove prospettive per giungere a nuove soluzioni. La cultura della Resistenza nasce dalla coscienza vigile di persone con una visione indipendente del mondo che in base alla propria identità e cultura intraprendono la strada della lotta all’aggressione. Le radici della Resistenza risiedono nella natura dell’Uomo, nella sua ideologia, nella ragione e nei valori e principi umani; pertanto la resistenza da sempre è stato un elemento importante di molte scuole di pensiero religioso e laico. La Resistenza è di per sè nobile, necessaria in quanto garante della nostra umanità e della nostra etica. Nasce dal bisogno intrinseco dell’Uomo ad autodeterminarsi ed è un concetto condiviso da tutti tranne che dai poteri arroganti.

Il diritto dei popoli all’indipendenza e all’autodeterminazione è riconosciuto in molti documenti internazionali. Il paragrafo II dell’Art. 1 dello Statuto delle Nazioni Unite e l’Art.1 del “Misagh e beinulmellali huquq e madani va siasi“ si riferiscono chiaramente a questi concetti. Se l’obiettivo principale della Resistenza è l’autodeterminazione allora i movimenti di liberazione nazionale e di resistenza sono protetti dalle leggi internazionali. Queste si riferiscono chiaramente al diritto dei popoli all’autodeterminazione nella loro lotta contro il colonialismo, l’occupazione e il razzismo dei regimi usurpatori. In base quindi a questi nobili principi umani e giuridici oggi la Resistenza è divenuta un pensiero caro per tutti i popoli del mondo e nessuno può pensare di opporsi ad essa.

La Repubblica islamica dell’Iran credendo completamente in questi valori divini e umani sin dall’inizio della Rivoluzione a oggi ha posto come sua priorità la difesa degli oppressi e dei deboli e la lotta contro le arroganze, come ribadito anche nella Carta costituzionale iraniana. Il Governo e la nazione iraniani considerano il sostegno agli ideali della resistenza del Libano e della Palestina parte dei suoi principi morali e responsabilità. La questione della Resistenza trascende le politiche e le strategie contingenti proprio perchè affonda le sue radici nel nostro credo religioso e nei nostri ideali. La R. I. dell’Iran negli ultimi trenta anni si è opposta alle soluzioni imparziali e inique ed ha scelto la linea del sostegno ai popoli oppressi, come quello palestinese e libanese; mai vi è stato cedimento alcuno in questa posizione.

Oggi la Resistenza islamica nella regione si trova in una situazione critica e a un passaggio importante. L’ esito delle rivoluzioni popolari nella regione è l’aumento dell’intensità del grado di resistenza nel mondo islamico e quindi pare sia ora il momento di dargli maggiore voce, certi che continuando a resistere, assisteremo al ritorno in seno al mondo islamico dei territori occupati di Palestina e del sud Libano, oltre che alla liberazione di altre terre islamiche dalla presenza straniera. I sostenitori internazionali del regime sionista cercano di marginalizzare la questione palestinese e il concetto di resistenza ingigantendo altre questioni meno importanti, mentre per la Umma islamica la questione della causa Palestinese e del nobile Qods, nonché l’affermazione dei diritti dei palestinesi, resteranno sempre di importanza fondamentale. A mio avviso la resistenza oggi più che mai trae ispirazione dalla fede e dalla volontà e procederà nella certezza della vittoria promessa.

Ufficio dell’Europarlamento
Sala delle Bandiere - Via IV Novembre, 149

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