mercoledì 7 marzo 2012

Non siamo come voi

Guardo alla TV le celebrazioni e gli omaggi a Lucio Dalla, cantautore italiano recentemente scomparso. Non ho mai amato la musica leggera, benché meno quella italiana. Melodie posticcie, testi strappalacrime composti appositamente per non durare più di qualche settimana, tecnica scarsa o inesistente. Ma se ognuno è libero di coltivare i propri gusti musicali, e non sarò certo io a sindacare sull’artista o sull’uomo come fanno in queste ore i soliti tuttologi improvvisati, non posso fare a meno di provare un misto di compassione e tristezza per questa Italia, costantemente, eternamente alla ricerca di eroi da incensare, da lodare, da ammirare, da esaltare. Eroi usa e getta, funzionali al Massimo Giletti oppure alla Barbara D’Urso di turno, buoni giusto per strappare l’applauso prolungato di qualche giorno, per poi essere stipati nell’armadio delle cose vecchie, pronti per essere re-indossati quando la moda non propone niente di nuovo. (E la moda, si sa, raramente propone qualcosa di nuovo.)

Bertolt Brecht disse: “Beato il Paese che non ha bisogno di eroi”. Io non ho mai condiviso questa frase: come si potrebbe vivere senza eroi? Qualunque uomo che si senta e che sia tale ha bisogno di un punto di riferimento etico, politico, spirituale, morale. Qualcosa, un ideale o un valore, che si ritiene superiore a se stessi, alla propria esistenza o alla propria vita, in nome del quale tutto il resto può essere sacrificato. Ho sempre ammirato uomini simili: il Fascismo e il Nazionalsocialismo, da questo punto di vista, sono carichi di uomini, di eroi, di esempi; dal Duce che anziché scappare in Spagna tra mille agi sceglie invece di restare a combattere al nord, al Fuhrer che resta a Berlino fino all’ultimo respiro, ai milioni di uomini che trovano la morte tra le gelide nevi russe o tra le macerie fumanti di Berlino, difendendo con un panzerfaust scalcagnato e qualche munizione il bunker da cui l’Europa continuava orgogliosamente, testardamente e disperatamente la propria resistenza. Una vita condita solo dal cellulare ultimo modello, dall’inaugurazione della nuova discoteca o dalle vittorie della propria squadra del cuore sarebbe una vita povera, desolante e squallida: l’attualità ce lo dimostra quotidianamente. Ma io dico: sia maledetto il Paese che di eroi ne ha troppi. Perché una Nazione che ha troppi eroi, allora non ne ha nessuno.

Quanti personaggi, più o meno autorevoli, hanno monopolizzato la nostra attenzione, solo nell’ultimo periodo? Sono talmente tanti che bisognerebbe sfogliare i giornali giorno per giorno per comprenderli tutti; devo andare a memoria. Giorgio Bocca, il fascista poi riscopertosi partigiano i cui scritti, dal primo all’ultimo, trasudano di un odio e di un livore anti-italiano che solo una personalità mentalmente disturbata avrebbe potuto partorire con una costanza così intensa ed estesa (e solo uno Stato come quello italiano avrebbe potuto trasformarlo in un eroe; un eroe della Resistenza, per l’appunto!); De Falco, l’anti-Schettino per eccellenza, quello che mentre il comandante abbandona la propria nave e i suoi passeggeri al capriccio crudele del mare, gli urla dalla sala comandi “Vada a bordo, cazzo!!”; Oscar Luigi Scalfaro, il magistrato che dopo il disgustoso voltafaccia dell’8 settembre ’43 uccide i Fascisti (verso il cui governo della RSI aveva giurato fedeltà) senza uno straccio di prova, fa carriera nello Stato della Resistenza e sovverte il voto democratico popolare in nome dei governi tecnici. E poi Dalla…

E questo solo per restare all’ultimo mese o giù di lì.

Strano Paese, l’Italia. Chiede a gran voce e con vociare lagnoso la cessazione del pellegrinaggio alla tomba degli eroi veri, quelli che questo Paese l’hanno fatto grande davvero (con tutto il rispetto per i Lucio Dalla, che più che scrivere canzoni e godersi il ricavato non hanno fatto), e se ne inventa costantemente di nuovi. Buoni per tutte le occasioni, per tutti i gusti. Il giornalista rancoroso, il comandante di porto deciso, il Presidente della Repubblica ribaltoniano, il cantante santone.

Noi guardiamo il triste spettacolo di una popolazione che ha perso i propri punti di riferimento politici e spirituali, e se da un lato ci sentiamo completamente estranei a questo tempo e a questo Paese, dall’altro ci riteniamo anche immensamente fortunati. I nostri eroi, da settant’anni a questa parte, sono sempre quelli. I capi che combattono la guerra finale contro i nemici dell’Europa – ahimè! perdendola – e che non affrontano qualche sparuta minoranza parlamentare o qualche riottoso onorevole, ma le immense armate del mostro rosso alleate con le lobby capitalistiche mondiali; i milioni di anonimi soldati che si sacrificano negli enormi spazi di un continente in fiamme, che combatte fino allo stremo per la propria salvezza; i nostri poeti, che spesso e volentieri sono finiti davanti ad un plotone di esecuzione perché hanno avuto il solo torto di cantare le gesta della parte perdente; i nostri cantanti, che parlano di noi e che solo noi conosciamo. Solo e semplicemente i nostri eroi, dei quali coltiviamo il ricordo e il pensiero spesso e volentieri con una semplice fotografia sbiadita in bianco e nero, riposta in un angolo di un nostro privato cassetto, che tiriamo fuori quando fuori tutto il resto non va.

Non ci sarà mai nessun Giletti o nessuna D’Urso che parlerà di loro. Già questo dovrebbe essere un punto a favore degli eroi veri, che resistono anche quando su di loro incombe la damnatio memoriae totale. Non i dee jay, non i calciatori milionari, non i cantanti di leggera che ci sorridono sornioni dalle pagine plasticate dei coloratissimi giornali di oggi. A noi basta la foto di un poeta dagli occhiali grandi e dal viso timido per scaldarci il cuore. Scusateci se non facciamo parte di voi.

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