domenica 16 ottobre 2011

Finis Italie

Devo dire la verità: pensavo che il nostro Paese, più in basso di così, non potesse cadere. Ma poi ho visto Roma, la Città Eterna che da millenni ha commosso e attirato su di se le poesie e i pensieri di politici, artisti, filosofi, musicisti e poeti, distrutta e violentata da una manica di criminali senza scrupoli... ho visto vetrine sfasciate, muri deturpati, macchine date alle fiamme in nome di una rabbia senza una precisa direzione politica, l’odio per l’odio, la violenza fine a se stessa... ho visto la violenza con la quale è stato cacciato Pannella – e sapete bene che verso questo personaggio io non nutro la benchè minima simpatia... e mi è venuta una tristezza infinita.

Non credo che ci sia speranza per questa Italia.

Sia ben chiaro: è auspicabile e sacrosanta una sollevazione di massa contro una politica di mafiosi, massoni e corrotti. Ma le vetrine che ho visto distrutte, le macchine che ho visto date alle fiamme, erano solo e semplicemente di comuni cittadini, non certo di Draghi, di Trichet o di Berlusconi, cosa che avrebbe avuto ben più senso. Contro chi si sono scatenati gli indignados (che da questo momento in poi definiremo in un modo a loro ben più consono, cioè “indignos”)? Contro il romano che ha avuto il solo torto di lasciare parcheggiata la propria automobile in piazza Cavour, o contro il negoziante già alla canna del gas a causa dell’economia in sfacelo. Draghi e Trichet se la ridono dai loro palazzi dorati: i loro servetti anarchici e comunisti, coltivati per dare all’opinione pubblica l’impressione di vivere ancora in un Paese libero e moderno, che sa coltivare in se anche qualche spazio di aperta ribellione, hanno dato il meglio di se stessi.

Siete antifascisti, cari italiani? Godetevela tutta, la vostra Italia antifascista! Nella mia Patria gente così sarebbe durata cinque minuti: accerchiati dagli autoblindo, e poi pestare più che si può! Una sola vetrina sfasciata sarebbe stata già uno scandalo: una intera città sotto scacco da parte dei black bloc semplicemente inconcepibile.

L’odio per l’odio, la violenza per la violenza: nessuna proposta, nessuna idea, ma solo contestazione ad oltranza. La riedizione del G8 di Genova, versione romana, dieci anni dopo.

Ho visto Pannella insultato e umiliato con un odio e una rabbia tale che solo i comunisti e i loro indegni eredi sono in grado di provare, gli stessi che per decenni l’hanno sostenuto come un campione di democrazia e dei diritti civili mentre collezionava fasulli scioperi della fame per difendere l’indifendibile e tutto ciò che ripugna ad una mente sana e genuina: aborto, clonazione, parificazione omosessuale e transessuale, droga... Vi devo dire la verità. I primi secondi, guardando il video, ho pensato: “E’ quello che si merita”. Ma poi, vedendo la sguaiatezza e la proverbiale inumanità dei rossi all’azione, Pannella mi ha fatto solo e semplicemente pena. Un vecchio idolo, oramai incartapecorito, che cerca di stare nuovamente sulla scena e viene deriso, insultato, umiliato... Comunque sia, diamo all’uomo ciò che merita: il coraggio di stare lì, a prendersi insulti e sputi, non si sa bene in nome di cosa...

Questo Paese è allo sfascio più totale. C’è solo un paragone che mi viene in mente per rendere bene l’idea di come veda questa Italia, che noi Fascisti abbiamo il solo torto di amare troppo, nonostante tutti e tutto: il crollo dell’Impero Romano. Facciamo un salto indietro, e andiamo a Roma, nel cuore dell’Impero, e da lì nelle province più esterne. Economia in sfacelo, aumento della povertà a livelli vertiginosi, e poi quelle masse di diseredati inizialmente gestibili da parte del potere, vengono infatti incorporate nelle strutture sociali romane e nell’esercito, ma in seguito sempre più numerose, fino ad arrivare a vere e proprie invasioni. I barbaròi, i barbari, gli stranieri, si riversano in massa dentro i confini dell’impero. Roma, e il cristianesimo in primis, è complice di questo sfacelo, di questa enorme massa di popolazioni straniere che invadono il territorio interno di Roma, con il governo e la popolazione sostanzialmente impotenti. L’economia peggiora sempre di più: aumentano le carestie, i massacri, le distruzioni di villaggi. Il potere si sfalda: è un salvi chi può generale, si abbandonano le campagne per rifugiarsi nelle città, più protette contro l’invasore. La popolazione si riversa nelle strade e, complice anche un potere che non c’è più, si da’ alla follia.

Ecco: noi in Italia viviamo tutto questo. E, la cosa peggiore, è che non ne abbiamo assolutamente coscienza, così come non la avevano gli Antichi Romani. Un Romano del II secolo d.C. non pensava certamente “L’impero sta finendo sotto l’assalto di barbari e sotto la crisi economica”, così come un italiano non pensa “L’Italia sta finendo”. Ma è esattamente quello che sta accadendo.

Un altro paragone, se mi è concesso. Il biennio rosso: anche lì il Paese ostaggio di comunisti, anarchici e terroristi che mettevano sotto scacco le comunicazioni, i trasporti, gli uffici, picchiavano i mutilati di guerra in nome della rivoluzione socialista, sparavano a vista contro i nemici e gli avversari politici, devastavano le città con il proposito di creare disordini per spianare il terreno alla rivoluzione. Ma in quegli anni accadde che i combattenti appena ritornati dalle sanguinose trincee della prima guerra mondiale decisero che non erano morti per lasciar la Patria ai comunisti, e che il sacrificio dei loro fratelli e dei loro camerati non doveva risultare vano, se poi a beneficiarne sarebbero dovuti essere i figli di Lenin, che miravano a fare dell'Italia un soviet. Quegli uomini trovarono una guida, un capo, Benito Mussolini, e contesero ai terroristi rossi questo Paese, palmo dopo palmo, bagnando l'Italia del loro sangue e di quello dei loro camerati. Oggi, noi pochi esclusi, non c'è alcuna forza antagonista che possa opporsi a banchieri, sfruttatori e terroristi comunisti insieme. Roma, che ha saputo risollevarsi innumerevoli volte nel corso della sua Storia, è nuovamente in pericolo. Ma stavolta, purtroppo, non si vede alcun Benito Mussolini sulla scena italiana ed europea.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Finis Italiae atque finis Graeciae.
In toto, finis Europae.
Dimitri