giovedì 31 dicembre 2009

Cosa sta succedendo in Iran? (parte 2)

*****Parte 2. La prima parte è disponibile qui: http://chessaandrea.blogspot.com/2009/12/cosa-sta-succedendo-in-iran-parte-1.html

Non c’è dubbio, a chi abbia un minimo di dimestichezza con la politica internazionale e mediorientale, che la politica che la Repubblica Islamica dell’Iran sta conducendo in questi ultimi anni l’ha portata ad avere non pochi nemici. Il primo e fondamentale elemento di attrito con la comunità internazionale è la sua politica energetica: l’Iran vuole sviluppare l’energia nucleare per scopi essenzialmente civili e per raggiungere l’indipendenza energetica; a tal scopo ha sottoscritto il protocollo della AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), permettendo le visite degli ispettori delle Nazioni Unite sul proprio territorio, che hanno sancito che l’Iran, sostanzialmente, non sta cercando di conseguire la bomba atomica. Israele, tanto per fare un esempio, non ha sottoscritto tale protocollo: ne consegue che gli ispettori dell’ONU non hanno alcuna possibilità di ispezionare i laboratori israeliani, né di chiedere conto di quelle bombe atomiche, stimate tra 300 e 500, che fanno di Israele uno tra gli eserciti più potenti del mondo. Ciò nonostante è proprio Israele a chiedere a gran voce – forte dell’incondizionato appoggio diplomatico che gli Stati Uniti e l’Europa concedono ad uno Stato che è l’unico al mondo a praticare nel 2010 una politica di colonialismo violento e di apartheid (come l’ha definita l’ex Presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter) nei confronti della popolazione palestinese – una politica fortemente violenta aggressiva e violenta nei confronti dell’Iran; che, al contrario di Israele, non si è mai reso responsabile di alcuna violazione degli spazi aerei altrui, né di bombardamenti indiscriminati sulla popolazione civile di alcuno Stato, né di un criminale embargo economico volto a causare enormi sofferenze ad una popolazione inerme (come fa Israele contro i palestinesi), né di alcuna repressione delle minoranze interne (la comunità ebraica, in Iran, è libera di esprimere liberamente le proprie opinioni sulle questioni che ritiene più opportune e ha anche diversi suoi membri all’interno del Parlamento Iraniano).





Una tale politica di autosufficienza energetica, che l’Iran interpreta come elemento fondamentale della propria sovranità internazionale (che noi europei abbiamo svenduto alle grandi lobbies d’affari, agli organismi massonici sopranazionali, ai grandi potentati massonici), non può chiaramente essere vista di buon occhio né dagli Stati Uniti, che rischiano di vedere diminuito il loro ruolo egemonico nella regione, né da Israele, quinta colonna degli USA nell’area e desiderosi di essere il Paese egemone di tutto il Medio Oriente.


A ciò si aggiunga il fatto che l’Iran ha realizzato, in questi ultimi anni, una politica estera di tutto rispetto: stringe accordi bilaterali e di collaborazione con i suoi vicini; fa il flirt con le due grandi potenze, Russia e Cina, sviluppando progetti economici e militari che permettono all’Iran di accedere ai migliori sistemi militari di difesa ed eventualmente anche di attacco, ma che hanno essenzialmente un ruolo deterrente, viste le continue minacce di guerra e di bombardamenti che negli ultimi anni provengono dagli USA e da Israele un giorno si e l’altro pure; la sua economia è in crescita, nonostante la devastante contrazione che hanno subito le Nazioni occidentali, che hanno acriticamente aderito al dogma liberista e capitalista, e ciò ha una positiva ripercussione sul sistema sociale, economico e sanitario del Paese.





Ciò potrebbe essere sufficiente, ma tuttavia non basta per spiegare l’ostilità dei Paesi occidentali nei confronti dell’Iran. Vi sono anche altri elementi di carattere, diciamo così, culturale. È indubbio che, dimostrando un grande coraggio, il Presidente iraniano Ahmadinejad abbia esplicitamente puntato il dito contro diversi grandi mali che affliggono la nostra epoca, e lo abbia fatto da pulpiti importanti, come quelli dell’ONU.





È stato l’unico politico mondiale, assieme a Chavez e a pochi altri, che ha avuto il coraggio di criticare Israele per la sua politica di sterminio e di violenza nei confronti dei palestinesi, sottoposti ad una colpa collettiva che li vede vittime di un crudele embargo, di bombardamenti continui e devastanti (come quella di Piombo Fuso dello scorso dicembre), di violenze inenarrabili e continue, nel silenzio dell’opinione pubblica occidentale.


È stato l’unico politico mondiale ad ospitare, nel 2006, un importantissimo convegno sul revisionismo olocaustico in cui è stata concessa libertà di parola non solo ai revisionisti ed ai negazionisti, ma anche agli sterminazionisti (vale a dire coloro che credono che la Germania hitleriana abbia pianificato ed attuato un deliberato programma di sterminio ai danni della popolazione ebraica), senza che vi fossero scontri, tafferugli o violenze. Vale la pena di ricordare che se lo stesso ed identico convegno fosse stato organizzato in uno dei Paesi dell’Europa occidentale, quella stessa Europa che si proclama democratica e chiede arrogantemente e in continuazione patenti di democrazia agli Stati non allineati alla linea imposta dagli Stati Uniti, i partecipanti sarebbero stati arrestati, malmenati oppure anche uccisi. Chi ha dato lezioni di democrazia? L’Iran, che ha permesso a tutti di dire la propria voce in un importante incontro storiografico, oppure l’Europa che ha inventato dei veri e propri sistemi di repressione giudiziaria (XII articolo della Costituzione, legge Mancino e legge Mastella in Italia; legge Gayssot in Francia; leggi contro il revisionismo sono presenti in Francia, Austria, Inghilterra) che equiparano il presunto olocausto ebraico ad un vero e proprio dogma religioso da accettare acriticamente, pena il carcere, la rovina economica, la perdita del posto di lavoro o persino la propria vita?


Insomma, come diceva Orwell: “In tempi di menzogna universale, dire la verità diventa un atto rivoluzionario”. E, aggiungiamo noi, in tempi di menzogna universale, dove le guerre di aggressione si chiamano “operazioni per portare la pace”; dove i Presidenti che hanno invaso due Stati sovrani (Iraq e Afghanistan) e ne minacciano altri di ugual sorte hanno ricevuto il Premio Nobel per la Pace 2009; dove le operazioni di sterminio della popolazione di Gaza si chiamano “stanare i terroristi”; dove salvare i banchieri che hanno causato una crisi economica epocale e lasciare morire i poveri si chiama “risollevare l’economia”; dove i patrioti che lottano con armi vecchie e obsolete contro coloro che hanno invaso la loro Patria nel nome della democrazia vengono criminosamente definiti “terroristi”; dove la difesa delle proprie tradizioni e della propria cultura si chiama “razzismo”; dove lo sfruttamento dei lavoratori in nome del profitto e dell’egoismo di pochi si chiama “libero mercato” e “capitalismo”; dove si chiede il carcere e la morte per i revisionisti (colpevoli solo di pensarla diversamente) ma si difendono i pedofili stupratori come il famoso regista Polanski… ecco, in tempi come questi, Ahmadinejad ha rappresentato una speranza. Almeno di questo gli si dia atto: ha dimostrato coraggio. Perché quelli lì aspettano un mezzo ruttino per sganciargli sulla testa una miriade di bombe atomiche.


Insomma: lungi da me affermare che l’Iran sia un paradiso terrestre, dove è assente la corruzione, la violenza e le tensioni sociali. Ma non c’è dubbio che lo Stato di Ahmadinejad persegua, sia sul fronte interno che esterno, una politica coerente con i propri interessi nazionali.


Ora si può vedere sotto una diversa luce la situazione iraniana. Pensando ai dubbi affari delle organizzazioni non governative occidentali in Iran (traffico di armi, prostituzione, sovversione antigovernativa); all’attività di propaganda e di sovversione svolta via internet dagli Stati Uniti e dai loro lacchè; all’azione coordinata e paramilitare (tipica non delle spontanee manifestazioni di piazza ma di elementi armati ed addestrati) dei gruppi sovversivi filo-occidentali; alla consapevolezza che gli USA e chi per loro non hanno mai esitato a promuovere rivoluzioni e sovversioni – anche sanguinose – per poter avere governi più malleabili con i quali poter dialogare; alle accuse di Teheran, che ha esplicitamente detto di essere a conoscenza che gli attacchi sono preparati dall’esterno; alla propaganda di demonizzazione di Ahmadinejad e di beatificazione di Moussawi, un criminale che si è reso responsabile di migliaia di morti; al sostegno popolare di cui gode Ahmadinejad, sostegno che non può scomparire in soli sei mesi; alla politica di sovranità nazionale (volta a difendere l’autonomia energetica dell’Iran, i diritti dei palestinesi, volta a contrastare l’arroganza sionista)…


Pensando a tutto ciò: potete provare a pensare che forse, visto che sei mesi fa Ahmadinejad è stato rieletto, l’Occidente abbia voluto forzare un po’ la mano del destino per provare a mettere a capo dell’Iran qualcuno un po’ più ossequioso dell’attuale Presidente?

*****Fine seconda parte. La prima parte è disponibile qui: http://chessaandrea.blogspot.com/2009/12/cosa-sta-succedendo-in-iran-parte-1.html

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho letto in qualche posto che gli americani chiamano terroristi gli altri ma non si guardano mai allo specchio,hanno buttato 2 atomiche sul giappone,deforestato e avvelenato tre stati asiatici,uccidono persino all'interno dei paesi loro alleati(strategia della tensione),spiano e derubano i loro stessi alleati(echelon),stanno distruggendo il pianeta con la loro religiosa frenesia di lavorare,avvelenano i loro stessi concittadini e poi chiamano terroristi coloro che vogliono difendersi da tipi cosi'?Eppure non ci fai caso perche' sei immerso in questo ambiente e ti sembra ovvio.
Prendiamoci Una boccata d'aria!
Ciao.

Andrea Chessa ha detto...

Ciò che dici tu sarebbe auspicabile ma sostanzialmente difficilissimo da realizzare: la stragrande maggioranza della popolazione è lobotomizzata dal Grande Fratello e dai mezzi di informazione.

Riguardo a questi ultimi, dovremmo chiederci come mai su decine e decine di giornali e TV italiani non ci sia una voce, dico una, che sia dissonante. Altro che libertà di opinione. Lorsignori sanno molto bene qual'è il carro che devono seguire se vogliono assicurarsi la pagnotta.

Anonimo ha detto...

comunque su un blog ho letto una cosa interessante a proposito dei gruppi editoriali che attaccano i blog e tentano di tappargli la bocca perche' la gente non compra piu' i giornali,l'unica difesa e' quella di attaccarli sul loro stesso piano: stampare su carta e distribuire nel proprio ambiente le opinioni e i pensieri ai fatti che accadono.
Niente male e neanche tanto costoso.
che ne dici?
ciao

Andrea Chessa ha detto...

Che anche noi, che come Movimento politico abbiamo delle nostre sedi e un movimento di militanza che diffonde i nostri opuscoli e i nostri giornali anche fuori dal proprio diretto ambiente di riferimento, abbiamo tanta difficoltà ad emergere. Io credo che a livello familiare, per così dire, si può cambiare ben poco: la predominanza dei giornali "ufficiali" è un dominio incontrastato.

L'unico modo per opporsi, a mio modo di vedere, consiste in ciò: 1) Cercare certamente di fare dei giornali anche semplici, ma comunque ben scritti e con contenuti interessanti; ma ciò costa tempo e soprattutto denaro, per cui non è facilmente attuabile.
2) Cercare di utilizzare internet e gli strumenti moderni di comunicazione (inclusi i cosiddetti social network - che per il sottoscritto sono antisociali perchè inchiodano le persone in uno sterile attivismo da tastiera - come Twitter e Facebook) per proporre una alternativa.

Come Fascismo e Libertà cerchiamo, nel nostro piccolo, di muoverci su entrambi i fronti, sia quello cartaceo (dove la concorrenza è spietata) sia quello virtuale (dove è più facile togliersi qualche soddisfazione e raggiungere, con spese tutto sommato modeste, un vasto pubblico di lettori).

Un saluto