giovedì 26 novembre 2009

Climategate: il motivo è sempre quello

Potrebbe essere uno dei più grandi scandali degli ultimi dieci anni. Non a caso, infatti, è stato ribattezzato “Climategate” dalla stampa internazionale. E anche due testate italiane – il Corriere della Sera e Il Foglio di Giuliano Ferrara – ne hanno dato notizia. Per una volta tanto una parte della stampa italiana sembra aver fatto informazione.


Partiamo dall’inizio. Il Centro Ricerche per il Clima (denominato CRU) dell’Università dell’East Anglia, in Inghilterra, è un centro che non dirà granché ai più, ma è nondimeno molto importante. Perché questo centro di ricerche è uno degli interlocutori prediletti di un altro organismo internazionale, più grande e più importante, che è il IPCC: l’Intergovernmental Panel on Climate Change. Questo ente è l’organizzazione che, per conto delle Nazioni Unite, si occupa di monitorare l’emergenza climatica che – si suppone – sta vivendo il nostro pianeta. Insomma: è dal IPCC che partono gli allarmi ai governi perché provvedano ad operare efficaci e veloci risposte contro il surriscaldamento globale, la perdita di biodiversità, la deforestazione, l’effetto serra, e via dicendo. È lui che fornisce le informazioni e gli strumenti scientifici e tecnologici grazie ai quali le Nazioni Unite si muovono per concertare (o per imporre?) con i vari Stati politiche che vengono descritte come volte alla salvaguardia del pianeta e dell’ambiente. Un organismo che è considerato imparziale e attendibile da analisti internazionali, governi, scienziati, studiosi e politici.


Il CRU, dicevamo, è un interlocutore qualificato di tale organismo. Ma che è successo? Alcuni pirati informatici sono riusciti ad entrare nel sistema informatico dell’Università, e a trafugare migliaia e migliaia di lettere di posta elettronica, con allegati documenti, tabelle, grafici, che gli scienziati si sono scambiati in anni ed anni di lavoro e di ricerche (dal ’96 in poi).


Il contenuto di questa gigantesca documentazione è a dir poco scioccante, e dimostrerebbe come, almeno nell’ultimo decennio, tantissimi scienziati si siano messi d’accordo tra di loro non solo per operare un vero e proprio filtro delle informazioni, censurando quelle che contraddicevano la teoria del “global warming”, il surriscaldamento globale; ma, addirittura, gli studiosi sarebbero intervenuti pesantemente sui dati statistici, sulle conclusioni e sui dati delle ricerche, manipolandoli in modo da poter giustificare, dati alla mano, l’emergenza ambientale del pianeta.


Tra i documenti che sono stati rubati, inoltre, ci sarebbero (il condizionale è d’obbligo, in attesa di ulteriori notizie della vicenda) dei codici di rilevamento climatico, denominati “Hadcrut 3” e “Crutem 3”, che, unendo tra loro tantissimi dati climatici presi dalle più diverse località del mondo, vengono corretti e normalizzati in una griglia, che viene poi studiata ed esaminata dagli esperti, e che può dare significative informazioni relative alla situazione climatica e ambientale mondiale. Gli scienziati dell’Università dell’East Anglia sarebbero intervenuti anche qui, falsificando e manipolando i dati per avere una documentazione coerente con i proclami allarmistici sul global warming. Il tutto condito da un fitto passaparola tra gli scienziati, che si mettono d’accordo sui materiali da censurare, quelli da cancellare, sui dati da modificare, e via dicendo. Tutti i dati che smentiscono l’ideologia ambientalistica sarebbero stati modificati, cancellati o più semplicemente secretati. Il tutto con la complicità di scienziati e illustri studiosi.


Scopriamo che la scienza e gli scienziati, che nella nostra società siamo stati abituati a pensare obbiettivi e super-partes per definizione, sono in grado di dire menzogne e falsità. Pensarle, progettarle, crearle.


Vale la pena ricordarlo, ma è proprio con le carte di questi scienziati che i vari Obama, Al Gore, Gordon Brown si presentano alle telecamere per parlare di emergenza ambientale, di global warming, di protocolli di salvaguardia ambientale (come quello di Kyoto, che gli Stati Uniti hanno disatteso per primi), di organismi sopranazionali che regolino la delicata e complessa questione. E una parte di questi scienziati – sembra lo si possa dire con una certa sicurezza – sono stati pagati per creare delle informazioni da vendere poi ai governi. Informazioni ed allarmi grazie ai quali si inventano quotidianamente nuovi balzelli con i quali tassare l’europeo popolo-bue; una scienza pagata e corrotta, che ha indotto tutti i governi in errore, spingendoli a chiedere e a creare enti mondiali che, bypassando la sovranità nazionale dei singoli Stati, imponessero nuove tasse anti-inquinamento, nuove regolamentazioni, nuovi organismi di supervisione e di controllo.


Possiamo sperare che questo grave avvenimento venga messo sul tavolo al convegno mondiale che si terrà a dicembre, proprio per discutere sul clima? Oppure vedremo il solito Obama che tenta di imporre (agli altri, mica alla famelica e vorace America) nuove tasse e nuovi regolamenti per le imprese europee, in modo da dar loro il definitivo colpo di pistola alla tempia? Perché loro non si riuniscono per rivedere il sistema economico esistente, quello che a noi comuni mortali ci sta uccidendo tutti; non si riuniscono per imporre una regolamentazione alle banche e alle grandi società multinazionali, che ci hanno trascinato nel vortice di una crisi economica e di una recessione mondiale. No. Loro si riuniscono per il clima. Clima e sanità: sono i nuovi mantra del dominio globale.


Il cerchio si chiude sempre. Il motivo è sempre quello: la creazione di un governo mondiale che, vuoi per l’economia, vuoi per l’influenza, vuoi per l’allarme ambientale, decide sulla pelle di tutti noi. È sempre il Novus Ordo Seclorum, quello stampato nelle banconote da un dollaro, quello che la Massoneria pensa e attua da secoli, il grande mostro che si profila all’orizzonte. Il nemico, l’idra massonica, cambia pelle. Ma non i metodi, né gli obiettivi.

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