mercoledì 13 maggio 2009

Colpa collettiva: per alcune categorie vale sempre

A volte può accadere che, ad una lettura attenta delle righe di un giornale, si riescano a capire molte più cose di quelle che vengono poi effettivamente dette.

Mi riferisco, in particolare, alle critiche mosse contro Papa Benedetto XVI alla fine del suo pellegrinaggio allo Yed Vashem, il simbolo vero ed autentico dell’unica religione rimasta sulla Terra – quella olocaustica, appunto – davanti al quale anche il rappresentante di Dio in terra deve chinarsi e domandare perdono.

Secondo gli israeliani, però, non lo avrebbe fatto con sufficiente devozione. Mordechai Lewy, ambasciatore israeliano in Vaticano, ha sintetizzato così: “Non posso negare che c’è una certa delusione per le affermazioni allo Yed Vashem, perché le attese erano molto alte”.

Quali sarebbero le affermazioni fatte o non fatte da Papa Ratzinger? Perché gli israeliani sono delusi? Ne da notizia solo Il Giornale di Sardegna di oggi a pagina 11: Papa Ratzinger non doveva solo inginocchiarsi allo Yed Vashem, come poi ha effettivamente fatto; non solo evitare di pronunciare anche solo una mezza parola in favore del popolo palestinese, questo si veramente oppresso e martoriato; ma anche, a quanto pare, chiedere scusa agli ebrei come cristiano e come tedesco. Queste mancate scuse avrebbero suscitato l’ira di molti rabbini israeliani.

A quanto sembra di capire, pertanto, per i tedeschi ed i cristiani (ma eventualmente tutti coloro che, a torto oppure a ragione, sono accusati di essere stati complici del presunto olocausto come italiani, ungheresi, giapponesi… vale a dire tutte le nazioni alleate del Terzo Reich nel secondo conflitto mondiale) vale il concetto di colpa collettiva.

E’ un concetto che è stato superato sia dal punto di vista culturale che soprattutto dal punto di vista giuridico, come dovrebbe essere in tutte le nazioni civili. Solo alcuni Stati musulmani lo utilizzano ancora, e non per niente sono fortemente criticati dalla comunità internazionale.

Il concetto che un figlio non debba pagare per le colpe del padre è oggigiorno unanimemente accettato da tutte le persone che aspirino di entrare a far parte del consesso delle persone civili.

Ciò, però, non vale per alcune categorie. Non è una novità, del resto, che il concetto di colpa collettiva venga rivolto contro i tedeschi. Già l’ebreo Daniel Goldhagen scrisse, qualche anno fa, “I volenterosi carnefici di Hitler” dove accusava, neanche tanto velatamente, tutti i tedeschi degli anni 30 e 40 di aver partecipato all’olocausto coscientemente. Ed è proprio su questo assunto – tacitamente e vergognosamente imposto alla Germania dalle nazioni vincitrici della seconda guerra mondiale – che si basano le riparazioni di guerra che ancora oggi la Germania è costretta a pagare ad Israele. Vale a dire uno Stato che si è autodefinito come “Stato ebraico” – pertanto con una precisa connotazione religiosa e pertanto discriminatoria – che nemmeno esisteva al tempo del presunto olocausto!!

Ma c’è di più: è notizia recente che adesso non solo i figli degli internati nei campi di concentramento tedeschi esigono i risarcimenti, ma anche i nipoti degli stessi vogliono i soldi di riparazione dei tedeschi, con la scusa che, a causa delle tremende storie che hanno sentito raccontare dai propri nonni, la loro psiche ne è uscita fortemente alterata, impedendo ai nipotini degli internati di affermarsi nel lavoro, nella società, nella cultura…

Non sanno più come fare per rubare i soldi alla Germania: consapevoli che il tempo passa anche per i detenuti di Auschwitz, e che magari tra trenta anni i pagamenti che la Germania deve agli internati dei campi (non risulta che Stati Uniti o Inghilterra, che hanno allestito, durante la seconda guerra mondiale, campi simili a quelli dei tedeschi, abbiano mai risarcito nessuno) si interromperanno definitivamente, essendo tutti deceduti, ecco che ci si inventa un’altra balla tra le tante per continuare a criminalizzare la Germania e succhiarle soldi.

Ed il concetto è sempre quello della colpa collettiva – estraneo alla nostra civiltà giuridica e respinta sia al Congresso di Vienna (contro i francesi) sia allo stesso Tribunale di Norimberga . Perché un tedesco di oggi, che all’epoca della seconda guerra mondiale non era neanche nato, deve pagare per un qualcosa che forse commisero i suoi avi?

Non è forse la stessa obiezione che viene fatta a coloro che si permettono di ricordare che, nel 1933, furono proprio gli ebrei – intesi come comunità internazionale e politica – a dichiarare guerra alla Germania promuovendo un severo boicottaggio dei suoi prodotti, al fine di mettere in ginocchio l’economia tedesca?

“Ma quella dichiarazione di guerra non valeva per tutti gli ebrei”, ci dicono! (Il che può anche essere vero, ma allora la domanda è: perchè nessun rabbino o nessun esponente della comunità ebraica internazionale si mobilitò per condannare quella dichiarazione, o per fermare il boicottaggio dei prodotti tedeschi?)

E perché Benedetto XVI, che pur si è sempre dimostrato estremamente disponibile nei confronti degli ebrei, dovrebbe chiedere scusa per un qualcosa che non ha neanche commesso? Addirittura dovrebbe chiedere scusa come tedesco e come cristiano.

Se ne deduce che per i rabbini che hanno condannato il Papa tutti i cristiani e tutti i tedeschi sono colpevoli dell’olocausto e devono chiedere eternamente scusa: anche i cristiani ventenni di oggi, così come i tedeschi cinquantenni. Cosa che, tra le altre cose, i tedeschi fanno ancora, in quanto pagano ad Israele (che all’epoca dell’olocausto ancora non esisteva) i risarcimenti di una guerra che Israele neanche conobbe, perché non esisteva ancora.

Questo dimostra che, almeno quei rabbini che hanno condannato il Papa per questo tipo di scuse non fatte, sono quanto di più lontano ci sia dalla civiltà giuridica occidentale, che giuridicamente ha sempre considerato irrilevante il concetto di colpa collettiva dal Congresso di Vienna in poi. E che lo sia anche l’ambasciatore Lewy, se è vero – come si evince dall’articolo del Sardegna – che si sia rammaricato insieme ai rabbini delle scuse non fatte come cristiano e come tedesco da Papa Benedetto XVI.

Insomma: ci dicano se il concetto di colpa collettiva valga (contraddicendo secoli di diritto nazionale ed internazionale) oppure non valga. Ma che sia per tutti, senza che vi siano, anche qui, degli “eletti”.

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