sabato 30 agosto 2008

Estremisti con la kippà

http://80.241.231.25/ucei/PDF/2008/2008-08-21/2008082110423035.pdf
http://80.241.231.25/ucei/PDF/2008/2008-08-21/2008082110423203.pdf

Se c’è qualcuno che crede ancora che l’Italia sia un paese democratico, e che coloro che parlano di regie orchestrate a tavolino da parte di poteri forti (sempre gli stessi da un paio di secoli a questa parte) siano da catalogare sic et simpliciter come “complottisti”, dovrebbe leggersi gli articoli che, in collegamento .pdf, vengono riportati immediatamente qui sopra.
Gli articoli de La Nazione e de Il Giorno si riferiscono alle (poche) polemiche, ovviamente taciute da tutti i media, che sono state innescate in seguito al fallito congresso-dibattito della “Ultima spiaggia” di Capalbio all’insegna della rassegna “Uno scrittore, un’estate”. Qui, a presentare la seconda edizione del suo libro “Pasque di sangue”, si sarebbe dovuto presentare Ariel Toaff, colui che ha affrontato lo spinosissimo tema – secolarmente diffuso in tutta Europa nei secoli precedenti – degli omicidi rituali all’interno dell’ebraismo.
Inutile dire che il convegno - che secondo le parole dello stesso Toaff doveva riunire, in un interessante faccia a faccia, lo stesso storico con altre importanti personalità legate al mondo dell’ebraismo - non ha avuto luogo. La spiegazione di questo è stata data, con una facilità disarmante, dall’organizzatore dell’evento, Gianni Aringoli: “Ho avuto fortissime pressioni dalla Comunità di Roma per non organizzare il dibattito con Toaff a Capalbio. Mi hanno detto che intendono cancellare lo storico con il silenzio”.
In queste poche parole Aringoli, probabilmente inconsapevolmente, ha sintetizzato magistralmente tutto il potere che ha la Comunità Ebraica di Roma – che si configura sempre più come un fortissimo gruppo di pressione politica – nel bloccare o nel tacitare tutte le voci scomode alla comune vulgata, sinteticamente liquidate come antisemitismo.
“Pasque di sangue” si inserisce in una lunga tradizione di libri contrari al potere e tacciati di antisemitismo, a cominciare dai principali testi revisionisti (di Irving, Faurisson, Mattogno, Hardwood e così via).
Ariel Toaff, ebreo e figlio del capo della Comunità Ebraica di Roma, ha una colpa indicibile: aver instillato il sospetto che il popolo ebraico, l’agnello sacrificale, l’eterno martire, possa aver raggiunto, in qualche suo piccolo e minoritario gruppuscolo fanatico e oltranzista, livelli tali di odio verso i cristiani da compiere degli atti efferati nei confronti degli stessi. E’ per questo, per non smontare il mito del popolo ebraico come eterna vittima da compatire e da comprendere e da aiutare, che la “damnatio memoriae” ebraica si è accanita contro lo storico che “va distrutto con il silenzio”.
Un solo sospetto rimane a chi scrive: se fosse accaduto che qualche gruppo di potere o politico si fosse mobilitato per impedire la divulgazione di un libro sull’olocausto, o sulla guerra di “liberazione”, o sulle stragi solitamente (e spesso erroneamente, come Sant’Anna di Stazzema) attribuite ai nazifascisti, che cosa sarebbe accaduto? Come minimo ci saremmo dovuti sorbire i rimbrotti dell’opinione pubblica sulla libertà di parola, sul valore della democrazia e del confronto. Avremo sentito, da qualunque parte, ferme condanne contro la censura. Del resto non era accaduto lo stesso anche alla Fiera del Libro di Torino? Anche lì non si era condannata la censura “da qualunque parte provenga”? Qui un intero gruppo di potere ha messo in campo tutto il suo potere e la sua influenza politica per impedire che uno storico divulgasse il suo libro. Ha fatto si che nessuno si presentasse al dibattito, riuscendo a far si che le sedie degli ospiti restassero desolatamente vuote. Ariel Toaff, e chi con lui, va “distrutto con il silenzio”. Se solo queste parole le avesse pronunciate qualcun altro, chiunque altro, sarebbero state considerate frasi di una gravità inaudita. Ariel Toaff è stato eliminato come scrittore, come storico, come intellettuale; e deve considerarsi fortunato, dato che almeno lui non è stato pestato a sangue (come Faurisson), minacciato ripetutamente di morte assieme ai suoi familiari (come Mattogno), arrestato e condannato al carcere (come Irving), o privato della sua pensione e costretto a vivere in un piccolo monolocale (come Finkelstein). Ci si chiederà perché mettere dentro lo stesso calderone Irving, Faurisson, Mattogno, gli storici revisionisti e gli ebrei come Toaff, a loro modo revisionisti anch’essi. Perché, a prescindere dai diversi campi in cui si applica lo studio e il lavoro di questi studiosi, a prescindere dalla validità o inutilità delle loro ricerche (che, come tutti i lavori, si prestano a confutazioni e contro-dimostrazioni), chi è onesto, per lo meno con se stesso, non può non riconoscere in questa costante opera di misconoscimento, di intimidazione, di delegittimazione, di calunnia, una volontà di tutto distruggere e tutto nascondere, senza neanche prendersi la briga di confutare l’opera in questione, pur di non urtare la suscettibilità di un ristretto numero di “eletti”.
Noi di Fascismo e Libertà l’abbiamo già detto mille volte, converrà ripeterlo ancora una volta. Non si tratta di acritica aderenza a tutto quello che può essere strumentalizzato in chiave politica. Non abbiamo niente a che spartire con i complottisti da tavolino, con i professionisti del dubbio, con i calunniatori di professione. Si tratta, all’interno di una società che giustamente si richiama ai valori di tolleranza, di confronto delle idee, di pluralità dell’informazione, di applicare una linea coerente che abbia un olo peso ed una sola misura. Quel che ci sarebbe piaciuto sarebbe stato un bel dibattito in cui le tesi di Ariel Toaff venivano messe in discussione e sistematicamente smontate una dopo l’altra. Ma che dibattito si può fare con chi vuole distruggere tutto con il silenzio?
Questo è estremismo allo stato puro, intolleranza endemica da parte degli stessi che qualche mese fa si indignavano per un boicottaggio (mai avvenuto) alla Fiera del Libro di Torino, e che ci mettono in guardia continuamente dal nuovo antisemitismo non appena un qualche cialtrone disegna uno swastika su un muro, coloro che lo stesso Toaff – non noi – ha bollato come “l’ebraismo al potere”.
Dobbiamo ricordarci che in questo Paese gli ebrei sono minoranza. Se è vero che le minoranze hanno dei diritti, è sacrosanto che le maggioranze ne hanno come minimo altrettanti. Certo, ben poche minoranze cancellano i libri dalla memoria collettiva e culturale di un Paese ed esprimono pubblicamente il loro desiderio di “distruggere” pubblicamente uno studioso colpevole solo di aver pubblicato un libro scomodo. Forse la parola "minoranza" c’entra poco.

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