venerdì 9 novembre 2007

In risposta alla tua ultima

Controrisposta
Caro Andrea, spiace anche a me non essersi visti di nuovo...ma a Natale sono di nuovo lì.Innanzi tutto questo da cui ti scrivo è il mio nuovo indirizzo email (gli altri cancellali pure). Ti ringrazio per il commento al mio post, e ti invito a non farti nessun problema nel caso voglia pubblicare il tuo parere sul mio blog: è uno spazio pubblico e quindi un'opportunità di confronto civile in più. Poi ti incoraggio davvero ad aprire anche tu uno spazio virtuale: oltre wordpress.com esistono numerosissime piattaforme dove puoi fare tutto in modo molto semplice, ad esempio blogger.com, splinder.it, ilcannocchiale.it, tiscali etc.Per quanto riguarda il tuo articolo, come prima cosa mi complimento per la chiarezza espositiva. Il problema della sicurezza è grave. Ed è grave anche che molti dei crimini siano commessi da stranieri. Ma occorre fare una precisazione: il numero di crimini commessi da cittadini immigrati, regolarmente registrati, è pressoché pari a quello commesso da cittadini italiani. Il luogo comune che contraddistingue l'informazione italiana è dovuto al semplice fatto che gli immigrati vengono puniti di più che gli italiani. Tutt'altro discorso vale per gli immigrati clandestini: il numero di crimini da essi commesso è, questo sì, più alto. A mio modestissimo parere, non occorre combattere le conseguenze - che una determinata situazione può arrecare - senza combatterne o prevenirne (laddove possibile) le cause: e questo vale sia per i crimini commessi da cittadini italiani (la maggior parte a base familiare), sia per quelli commessi dai cittadini stranieri. E le cause possono essere innumerevoli: si va dalla psicologia della persona, alla povertà economica; dalla gelosia alla mafia...etc. E per gli immigrati ogni situazione difficile è senza dubbio amplificata dalla loro intrinseca collocazione sociale: un immigrato non occidentale (chiamiamolo così) è svantaggiato in quanto tale. Il problema principale non è la sicurezza. E' la clandestinità e le condizioni di vita degli immigrati. La mancanza di sicurezza è una conseguenza diretta di tali lacune a cui lo stato italiano non pone adeguato rimedio (il che non significa che dovrebbe chiudere le frontiere).La ragione è una sola: gli immigrati fanno comodo. Sono forza lavoro (quasi) gratuita - il numero di 'schiavi moderni' in Italia è sconvolgente -, e costituiscono un facile bersaglio cui puntare l'indice quando le lacune dello stato (in temi di sicurezza, criminalità, carceri piene) divengono più palesi. E' come quando si vuole combattere la prostituzione arrestando le prostitute: se non ci fossero persone disposte a pagare per le prestazioni, il mercato del sesso subirebbe un sicuro declino. Ma chi va a puttane non finisce in galera, e la intera colpa della piaga della prostituzione va alle prostitute e ai rispettivi protettori.Non è sbagliato combattere certi problemi: l'errore sta, nella maggior parte dei casi, nel modo in cui si vogliono combattere.Dico tutto ciò non per affossare la connessione criminalità-immigrazione che sicuramente in tanti casi esiste, ma per evitare le facili generalizzazioni che la stampa italiana (e non solo la stampa) è solita fare.Altro discorso ancora è l'efferatezza di certi crimini, tipo quello di Tor di Quinto: ma lì non si tratta di immigrato o indigeno. Quello è un problema di psiche umana, malata e barbara, alla quale non rivolgo nessuna compassione.Sarà anche vero che in tanti vanno in Italia perché credono nell'impunità: ma chi può dar loro torto se in Parlamento siedono mafiosi, se l'ex premier ha fatto quel che ha fatto, se l'etica pubblica non esiste più? Pare ovvio che chi vuole delinquere sia attratto dalle paradisiache mode criminali italiane.Per quanto riguarda le etnie più o meno criminali c'è da aprire un'altra parentesi: una cosa sono i Rom (una popolazione nomade originaria dell'Est e non per forza della Romania), altra cosa sono i Rumeni. Alcuni clan di Rom fanno della piccola-media criminalità la loro ragione di vita, ed è un qualcosa che appartiene alla loro - contestabile - cultura. Quella dei Rumeni, invece, è una popolazione antica, piena di tradizioni e cultura popolare - rispettabile - come tutti i popoli di questo mondo. Come ben sai la Romania era sotto duro regime comunista sino al 1989, e le conseguenze di quel lungo periodo si fanno ancora sentire. Esattamente come sta succedendo in Russia.Il concetto di democrazia (come lo intendiamo noi) non si è ancora incardinato nelle istituzioni dei paesi ex-comunisti. Ed è fisiologico. Anche l'Italia è ancora considerata una democrazia giovane (nonostante abbia 60 anni), e le prove di questo ce le abbiamo ogni giorno sotto gli occhi. Per la Romania è solo questione di tempo. Per la sicurezza in Italia è questione di risorse: non serve abbattere le baraccopoli. Servono più controlli, più comunicazione, più luoghi di scambio culturale e di convivenza. E per i criminali luoghi di rieducazione: magari adesso vengono espulsi, poi fra qualche anno ritornano e continuano a delinquere. Questa non è la soluzione al problema sicurezza.Le ondate mediatiche non fanno altro che incrementare l'odio e l'intolleranza per certe etnie: è successo agli albanesi, ora ai rumeni, fra poco succederà a qualcun altro.Perdona la disomogeneità del mio discorso ma ho scritto ad intermittenza...
:-)Ricambio stima e affetto, e spero che queste opportunità di scambio possano continuare (tempo permettendo), magari attraverso uno spazio virtuale comune...A presto.Federico

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